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30 aprile 2012

Carpinone - Rock Baranello 2-1

Il Carpinone si aggiudica un po' a fatica la partita contro il Baranello, ultimo in classifica. Decisivo un tiro dal dischetto a dieci minuti dalla fine, l'intervento ai danni di Ricci induce l'arbitro, sig. Vasile, a concedere il calcio di rigore poi trasformato con freddezza da Pablo Scaldaferro. Il penalty è stato, ovviamente, contestato dagli ospiti in quanto, a loro parere, si trattava di un reciproco spintonamento in area e quindi non punibile con la massima punizione.
La gara si era sbloccata quasi subito in favore dei padroni di casa grazie alla sesta rete stagionale del giovane Gianluca Venditti, sempre più punto fermo di questa compagine. Il gran tiro dalla lunga distanza dell'attaccante Carpinonese risultava imprendibile per Manocchio, ma il Baranello aveva trovato la forza di reagire e prima dell'intervallo arrivava l'inaspettato pareggio di Nicoloso, bravo a raccogliere un assist di Niro e trafiggere Pilenza.
Per il Carpinone un successo che lo proietta al quarto posto, tre punti importantissimi che permettono di avere un certo vantaggio (4 punti) sul Capoiaccio sesto in classifica, vantaggio che a 4 giornate dalla fine della regular season costituiscono un certo bottino da non dilapidare facendo grande attenzione all'ultima giornata in cui il Carpinone incontrerà proprio il Capoiaccio in trasferta.

CARPINONE: Pilenza, Di Paolo, Iasevoli, Del Matto (Marotta), Venditti A., Giancola, Vitale (Caldararo), Venditti M., Venditti G., Scaldaferro (Zuccarelli), Ricci. All. Mercuri
BARANELLO: Manocchio A., Di Scenza (Niro), Muttillo (Carroccio), Niro G., Pistilli, Carnevale, Niro R., Barone (Pirozzi), Manocchio M., Di Chiro, Nicoloso. All. Gianfagna

11. giornata ritorno 29 aprile  
Calcio Club Olympus Macchiagodena 1-0
Campobasso Calcio Monteverde 2-1
Capoiaccio Hermes Toro 0-2
Carpinone Calcio Rock Baranello 2-1
Nuovo Vinchiaturo Cercemaggiore 3-1
Real Gildone Ripalimosani 0-4
Spinete SanGiuliano DelSannio 2-2
Volturino Matrice 3-0

  CLASSIFICA P.ti G V N P GF GS
1 Ripalimosani 64 26 20 4 2 62 15
2 Nuovo Vinchiaturo 63 26 20 3 3 60 34
3 Hermes Toro 59 26 19 2 5 108 19
4 Carpinone Calcio 46 26 13 7 6 33 28
5 SanGiuliano DelSannio 45 26 14 3 9 57 38
6 Capoiaccio 42 26 12 6 8 54 31
7 Cercemaggiore 41 26 13 2 11 45 43
8 Macchiagodena 39 26 11 6 9 39 42
9 Real Gildone 39 26 11 6 9 37 42
10 Campobasso Calcio 34 26 10 4 12 32 36
11 Calcio Club Olympus 30 26 8 6 12 34 51
12 Volturino 29 26 7 8 11 39 38
13 Spinete 22 26 5 7 14 35 44
14 Monteverde 18 26 5 3 18 29 59
15 Rock Baranello 9 26 2 3 21 25 55
16 Matrice 8 26 2 2 22 10 124

Classifica marcatori  
Venditti G 6
Di Rosa 6
Marotta 5
Scaldaferro 5
Giancola 2
Venditti M 2
Antenucci 1
Nini 1
Fabrizio F 1
Di Paolo 1
Zuccarelli 1

12. giornata ritorno 6 maggio
Cercemaggiore Spinete
Hermes Toro Campobasso Calcio
Macchiagodena Nuovo Vinchiaturo
Matrice Real Gildone
Monteverde Carpinone Calcio
Ripalimosani Calcio Club Olympus
Rock Baranello Volturino
SanGiuliano DelSannio Capoiaccio

23 aprile 2012

Carpinone - Ripalimosani 0-1

Un Carpinone Calcio sfortunatissimo deve capitolare sul proprio campo al cospetto della seconda della classe, un Ripalimosani concreto e compatto che riesce a portare a casa tre punti pesanti.
Come da attese la gara non manca di offrire ottimi spunti, con il Carpinone che nel primo tempo sembra più arrembante e colpisce anche due legni, entrambi con l'italo-argentino Pablo Scaldaferro.
Nella ripresa la gara si svolge molto al centro del campo, i locali colpiscono un altro palo, ancora una volta con Scaldaferro, i ripesi cercano la porta in qualche occasione ma senza fortuna. 
Al 77’ arriva la svolta della gara: il Ripalimosani, su una rimessa laterale locale, è bravo a recuperare una palla persa dai locali e a ripartire, Angelo Sabetta mette la sfera al centro dell’area per l’accorrente Nico Sabetta che, dall’altezza del dischetto, fa partire un sinistro che fredda Pilenza. Nel finale si registra qualche altra azione di buona fattura da ambo le parti ma poi arriva il triplice fischio che decreta la vittoria del Ripalimosani.
Con questa sconfitta inaspettata il Carpinone, complice il rinvio della partita del Real Gildone, rimane al quinto posto della graduatoria e nel prossimo turno (recupero il 25 aprile) incamererà tre punti visto il ritiro del Matrice.

CARPINONE: Pilenza, Ricci, Iasevoli, Del Matto (Zuccarelli), Venditti A, Giancola, Vitale (Zarlenga), Venditti M., Venditti G., Di Paolo, Scaldaferro. ALL.: Mercuri.
RIPALIMOSANI: Dell’Elba, Paglia (Fratangelo), D’Agostino, Simonetti, Brunetti, Bentivoglio, Sabetta N., Zappone, Cannavina, Sabetta A., Di Bartolomeo (D’Amico).
MARCATORI: 77’ Sabetta N.

9. giornata ritorno 22 aprile  
Calcio Club Olympus SanGiuliano DelSannio 1-0
Campobasso Calcio Matrice 3-0
Capoiaccio Monteverde 2-0
Carpinone Calcio Ripalimosani 0-1
Hermes Toro Rock Baranello 5-0
Nuovo Vinchiaturo Spinete  
Real Gildone Cercemaggiore  
Volturino Macchiagodena 3-4

  CLASSIFICA P.ti G V N P GF GS
1 Ripalimosani 58 24 18 4 2 56 15
2 Nuovo Vinchiaturo 57 23 18 3 2 54 27
3 Hermes Toro 53 24 17 2 5 103 19
4 SanGiuliano DelSannio 41 24 13 2 9 49 34
5 Carpinone Calcio 40 24 11 7 6 28 27
6 Capoiaccio 39 23 11 6 6 50 27
7 Real Gildone 36 23 10 6 7 32 35
8 Macchiagodena 35 23 10 5 8 35 39
9 Cercemaggiore 32 21 10 2 9 36 32
10 Calcio Club Olympus 27 24 7 6 11 31 48
11 Volturino 26 24 6 8 10 35 35
12 Campobasso Calcio 25 24 7 4 13 25 37
13 Spinete 21 23 5 6 12 31 37
14 Monteverde 18 23 5 3 15 27 51
15 Rock Baranello 9 23 2 3 18 22 48
16 Matrice 7 22 2 1 19 11 114

Classifica marcatori  
Di Rosa 6
Marotta 5
Venditti G 5
Scaldaferro 4
Giancola 2
Venditti M 2
Antenucci 1
Nini 1
Fabrizio F 1
Di Paolo 1
Zuccarelli 1

10. giornata ritorno 25 aprile
Cercemaggiore Calcio Club Olympus
Macchiagodena Real Gildone
Matrice Carpinone Calcio
Monteverde Hermes Toro
Ripalimosani Volturino
Rock Baranello Campobasso Calcio
SanGiuliano DelSannio Nuovo Vinchiaturo
Spinete Capoiaccio


22 aprile 2012

La battaglia di Sessano

A cura di Enio Monaco.

E’ opportuno raccontare per sommi capi quella “sanguinosa pugna”.
In quello scontro bellico Antonio era fermamente convinto della sua vittoria, soprattutto perché era a capo di un esercito di combattenti di tutto rispetto, molti erano veterani del padre GIACOMO, ed aveva con se anche le milizie del Conte GIOVANNI SFORZA valoroso e stimato Capitano.
Per tattica bellica, comunque, finse di aver paura per poter sfruttare luoghi di strategia più vantaggiosi e costringere  a spostarsi colà  re ALFONSO e a tale scopo, dopo aver dislocati alcuni soldati a Isernia ed altri a Carpinone, se ne rimaneva accampato con il grosso dell’esercito nella zona della “CASTAGNA” tra Pescolanciano e Sessano.
ALFONSO V che inizialmente si era  piazzato  su “Colle Dolce” che sorge vicino all’altro  denominato “COLLE alto” (circa 800 m, sul l.m.) e quindi un poco più elevato di Carpinone  (670 m.sul l.m.), tra i due colli passa la strada pedonale che porta a Sessano, consigliato dai suoi fedeli, ingannati dalla mossa tattica del Caldora, passò nella zona terminale nord della pianura di Sessano, accampandosi tra Carpinone e l’esercito caldoresco; questa decisione non veniva condivisa dal Principe di Taranto ed da altri capitani del regno oltre ai dirigenti militari siciliani e catalani che ritenevano oltremodo pericolosa la soluzione di chiudere il re in quella valle circondata da monti, conosciuti dalla raffinata furberia di ANTONIO. Ma il re preferì mettere le tende in quella zona seguendo il consiglio di stimati capitani bracceschi (della scuola di guerra di BRACCIO DA MONTONE ormai deceduto)
Da quella posizione poteva vedere l’esercito  nemico in direzione di Pescolanciano e si schierava con i suoi poco distante. Ci fu un gran subbuglio fra le truppe aragonesi in quanto ritenevano molto pericolosa la posizione assunta in quella cerchia di monti, e girava la voce che i Caldoreschi stavano per stringere un assedio intorno al re, tagliandogli ogni sorta di rifornimenti.
Un consiglio di guerra con tutti i capi fu riunito subito da ALFONSO; il Principe di Taranto suggeriva di rimanere in quel posto per al meno un giorno ma i più affezionati al re  consigliarono di trasferirlo subito ad Isernia o Venafro o in altro luogo sicuro per la propria incolumità e per premunirsi contro eventuali assalti del nemico che disponeva considerevoli forze e coraggio.
Mentre il re rifletteva sul da farsi, considerando oltraggioso e con riflessi negativi per lui la fuga davanti al pericolo, gli fu portato dinanzi un soldato fatto prigioniero, appartenente alle truppe di Caldora.
Venne a sapere da costui che il suo capo era un parente del Caldora, Paolo di Sangro, il  quale era tra i primi posti nell’esercito caldoresco e comandava 500  lance, fiore all’occhiello della cavalleria.
Pertanto il re  rimandò libero il prigioniero regalandogli cento alfonsini (moneta che all’epoca valeva cad. un ducato e mezzo) per far trasmettere un messaggio al suo comandante: gli prometteva alcune terre e privilegi  se passava nell’esercito aragonese.
Paolo di Sangro sembra che fu così ben convinto da quel l’ambasciatore (o per cupidigia o dalla sua pessima natura) che la notte stessa si recava a concludere l’accordo con il re (comunque accettava il tradimento)
Il  Caldora divideva il suo esercito in tre parti: una sotto il suo diretto comando, la seconda l’affidava al GIOVANNI SFORZA e l’altra parte a LIONELLO ACCIO CIAMURO.
Affidava inoltre un corpo di 500 lancieri a PAOLO di SANGRO con altrettanti soldati a cavallo con l’accordo che doveva operare fuori dallo schieramento e pronto ad accorrere  colà dove ve ne fosse  bisogno.
I due eserciti erano in effetti schierati sulle rive opposte del fiume Carpino.
CALDORA non iniziò subito le ostilità, sia perché per abitudine presa dal valoroso padre era temporeggiatore, sia perché nel campo avversario si discuteva l’opportunità di far partecipare alla battaglia incerta e pericolosa ALFONSO D’ARAGONA.
Si decise di non far partecipare il re allo scontro perché si prevedeva una sconfitta e quindi non volevano si  riversassero su di lui responsabilità e  conseguenze.
Il re rimase sdegnato da tutto questo, non poteva pensare che la sua persona fosse stata nociva facendo notare che la presenza di un re a capo di un esercito in una battaglia, sarebbe servita da sprono e dato coraggio ai soldati; quindi indossò l’elmo ed ordinò l’assalto.
Antonio, non volendo abbandonare la sua posizione
Si scatenava una furibonda mischia e gli Aragonesi furono respinti.
Incitati dal successo i Caldoreschi inseguirono il nemico irrompendo nel centro dell’esercito avversario ma ALFONSO fece entrare in azione altre due schiere ordinando di colpire l’avversario di fianco.
Superando lo squadrone dei Bracceschi, CALDORA  penetrava nelle file nemiche fino allo squadrone dove era in azione il re insieme con i suoi più valenti uomini, ma questi ultimi opposero una gagliarda resistenza; allora ANTONIO dette ordini a Giovanni Sforza e a Lionello Acclociamuro di spostarsi a destra e a manca dello schieramento avversario per una manovra di accerchiamento.
A questo punto viene il momento del traditore PAOLO DI SANGRO che al grido “Aragona Aragona” entra con i suoi nello schieramento  avversario a fianco di re ALFONSO.
 E’ evidente che questo improvviso voltafaccia, con il forte apporto di altri pur valorosi combattenti, crea difficoltà al valoroso ANTONIO che comincia ad accusare cedimenti.
Intanto la battaglia divampa in ogni parte con  grande accanimento e inaudita violenza mentre il re, incoraggiato dall’improvviso successo  spingeva i suoi soldati, incitandoli  allo slancio del combattimento, mentre lui stesso dava grande esempio di coraggio ed abnegazione esponendosi in prima linea nei posti più pericolosi.
Tutto questo influì non poco sul morale delle truppe.
Anche l’esercito caldoresco con in testa il valoroso ANTONIO combatteva con grande valore ma iniziava  a cedere a causa delle preponderanti forze nemiche e per la defezione di PAOLO DI SANGRO che sicuramente fu l’ago della bilancia.
 Infatti dopo due ore dal subentro del di Sangro cominciò la fuga dell’esercito caldoresco ravvedendo in questa l’unica possibilità di salvezza; nel successivo inseguimento molti furono catturati e tra questi lo stesso ANTONIO CALDORA; si sottrasse alla cattura GIOVANNI SFORZA il quale a tappe forzate durante un giorno ed una notte, con quindici cavalli, riusciva a raggiungere trovando rifugio nella Marca di Ancona; quasi tutti gli altri furono catturati o uccisi.
L’accampamento con i relativi padiglioni furono saccheggiati mentre ANTONIO sconfitto veniva condotto alla presenza del re che si dimostrò abbastanza magnanimo nei suoi confronti nonostante i suoi consiglieri,  memori della sua perfidia, chiedevano la pena capitale.
Lo storico ANGELO DE COSTANZO trattando questi avvenimenti su descritti ci da una più accurata dovizia di particolari sul dopo battaglia e ci racconta che Antonio CALDORA  appena fu alla presenza del re scese da cavallo si inginocchiò e baciò il suo piede; ALFONSO invece gli ordinò di risalire sul destriero e con tono buono gli disse:
“Conte, voi mi avete fatto travagliare molto oggi: andiamo in casa vostra e facciatime carezze (gentilezze) ch’io sono stanco”.
Il CALDORA turbato rispose: “Signore per vedere tanta benignità nella Maestà Vostra, mi pare di aver vinto, avendo perduto”.
I due con il loro seguito giunsero a Carpinone a tarda sera e si cenò al castello.
Dopo cena il re chiese al Caldora la possibilità di poter vedere le suppellettili del castello che, ovviamente nelle usanze del tempo, dovevano considerarsi come bottino per i vincitori.
Immediatamente, con gran stupore dei presenti, furono portati nella sala una cassa di cristallo contenente 24.000 ducati d’oro, una ricca serie di vasi che GIACOMO CALDORA aveva ricevuti in dono dai Veneziani, molti servizi di argenteria degni di un palazzo reale, un canestro di gioie  di gran valore, numerosi arazzi, tappezzerie, armi ed altre cose pregevoli.

Con grandissimo stupore e disappunto degli artefici della vittoria, che si aspettavano, come avveniva di solito, la ripartizione di quel meraviglioso bottino, il re rivolgendosi al Caldora disse: ”Conte, la virtù è tanto cosa bella che, a mio giudizio, deve lodarsi e onorarsi dai nemici, io non solo ti dono la libertà e tutte queste cose, fuorchè un vaso di cristallo che io voglio (oltre ad una preziosa statua d’oro di San Michele Arcangelo, presa  a suo tempo da Giacomo Caldora al Santuario del Gargano); ma ti dono ancora il tuo stato paterno e materno, e voglio che appresso di me abbi sempre onorato luogo, le molte terre che tuo padre avea acquistate in terra di Otranto, in terra di Bari, in Capitanata, e in Apruzzo, non posso donarti, perché voglio restituirle ai padroni antichi, che mi hanno servito”. Dichiara ancora che lo perdona per ogni offesa arrecatagli a condizione che si dedichi ad una vita di fedeltà e di pace nei suoi confronti, in ricordo della benevolenza ricevuta, e questo ovviamente trasferito anche a tutti i parenti e   prigionieri.
ANTONIO cadde in ginocchio e, dopo avergli baciato i piedi, lo ringraziò, e “ci tenne a dire” che aveva sempre desiderato di stare al servigio degli Aragonesi ma ne era sempre stato dissuaso da nemici del re, perché, avrebbero detto i cattivi consiglieri, il re aveva odio profondo e radicato per i discendenti di GIACOMO CALDORA che aveva servito per circa 14 anni gli Angioini.
 Per far seguire i fatti alle parole e dimostrare che quanto asseriva corrispondeva a verità, faceva portare una cassetta colma di lettere e scritture; ALFONSO non volle nemmeno vederle e dimostrando ancora la sua grande generosità ordinò di bruciare, in sua presenza, tutte le carte.
Tutto questo avveniva  nella notte tra il 28 e il 29 giugno del 1442 nel castello di Carpinone dopo la battaglia del 28 giugno.
ALFONSO V D’ARAGONA il 29 giugno se ne andava da Carpinone con il suo esercito diretto in Abruzzo ove tutte le popolazioni gli manifestavano grande simpatia e furono pronte a riceverlo; la notizia di aver sconfitto il potente CALDORA cominciava a dare i suoi frutti.
Il re vincitore, sembra fece edificare una cappella a Napoli in onore di San Pietro e Paolo proprio perché La battaglia fu combattuta e vinta alla vigilia della data dei festeggiamenti dei due Santi.
Paolo di Sangro per la sua defezione ebbe in cambio diversi feudi tra i quali S.Biase, Civitanova, Petrella, S.Angelo in grotte e  Ferrazzano.
Anche la famiglia baronale di Sessano, i Castagna, ebbero molte concessioni per aver prestato aiuto al re durante la battaglia. 
Quella sconfitta segnò la decadenza della casa CALDORA e la rovina di ANTONIO il quale dopo qualche anno di relativa tranquillità ebbe burrascose e disastrose vicende; costretto infine a rimanere confinato in Napoli, poco dopo fuggiva dal Regno.
Rifugiatosi a Hjesi, nella Marca, in casa di un soldato che aveva militato sotto il padre Giacomo, morì in gran povertà nell’anno 1465.

20 aprile 2012

Furti notturni sventati dai Carabinieri a Carpinone

Ladri in azione a Carpinone. 
Una serie di furti notturni a danno di pubblici esercizi del nostro comune sono stati sventati dall’Arma dei Carabinieri.
Solo grazie all’attività preventiva svolta dai militari della Compagnia di Isernia e della Stazione di Carpinone, nella notte tra il 15 e il 16 aprile, una banda di malfattori (dediti a furti negli esercizi pubblici) non ha potuto portare a termine i colpi che  aveva pianificato.
I ladri avevano preso di mira una tabaccheria e di un bar di Carpinone.
Il tempestivo intervento dei Carabinieri di Carpinone ha fatto si che i ladri siano fuggiri, essi infatti si sono dileguati appena in tempo per le campagne circostanti favoriti dal buio della notte abbandonando un’autovettura, pure asportata nel corso della notte in quel centro, caricata con  svariate scatole di sigarette trafugate da una tabaccheria. 
La refurtiva  recuperata, del valore complessivo di svariate migliaia di euro e l’autovettura rubata, sono state restituite ai legittimi proprietari e titolari dell’esercizio. Un segnale forte per i malfattori che ora  dovranno tenere presente la reattività dell’Arma  che da tempo ha intensificato l’azione preventiva contro i furti.

15 aprile 2012

Gli antefatti della battaglia di Sessano

A cura di Enio Monaco.

Per Antonio Caldora, Carpinone, nella sua particolare posizione rappresentava un baluardo di ultima speranza nella continua lotta contro Aragona e pertanto anch'egli continuava colà ad ammucchiare quasi tutti i suoi tesori.
Furono proprio le ricchezze concentrate nel castello e la  posizione strategica del paese, alle porte della regione, che spinsero e fecero maturare, nella mente di ALFONSO V D’ARAGONA, il disegno di conquistare Carpinone,  il quale dopo svariati e diversi indiretti tentativi, il 28 giugno dell’anno 1442, si affrontava con Antonio Caldora nella pianura di Sessano e dopo una cruenta battaglia conquistava il feudo.
E’ da precisare che il re aveva mandato avanti FRANCESCO PANDONE e PALERMO CENTURIONE affinchè, nottetempo, tentassero con scale di introdursi nel paese, in attesa del suo arrivo con il resto dell’esercito.
A questo punto, mentre ALFONSO giungeva non molto distante da Carpinone e per la precisione nei pressi di Monteroduni, la vicenda bellica si aricchisce di un episodio singolare. Non esistendo l’attuale ponte sul Volturno, bisognava passare il fiume a guado. Arrivato il re e raggiunta l’altra riva con una parte dell’esercito, mentre attendeva il resto dei suoi uomini che attraversavano, notò che un certo Bugardo, soldato del capitano Rodolfo Perugino, era in grosse difficoltà  e dibattendosi nell’acqua veniva travolto dalla corrente perché gli era venuto meno il cavallo su cui viaggiava. Alfonso V gridò ai suoi chè soccorressero l’uomo in difficoltà ma non si mosse alcuno. Allora il re spronò decisamente il suo destriero e si lanciò in acqua in aiuto dello sventurato. Fu come una calamita per tutti che fece scattare il coraggio dei soldati che si gettarono anchessi nel fiume. Bugardo fu tratto in salvo, ma mezzo morto; fu appeso ad un albero, a testa in giù, ed espulse la molta acqua ingerita. La prima parola che pronunziò, appena gli fu possibile fu “Aragona, Aragona”. Questo commosse molto Alfonso d’Aragona e, da quel giorno, Bugardo fu sempre tenuto in ottima considerazione e riempito di doni.

Intanto il Palermo Centurione, secondo i piani, giunto a Carpinone, clandestinamente riuscì ad entrarvi di notte, senza che se ne accorgessero gli abitanti, ma non poté conquistare il castello. La brillante azione non valse a nulla, poiché il Palermo, che attendeva con ansia il re Alfonso, per consolidare il frutto del suo audace colpo di mano, ebbe notizia invece che stava per sopraggiungere Antonio Caldora e pertanto, mosso dal timore di perdere il ricavato del saccheggio, con rapida decisione, abbandonò Carpinone. Alfonso V che saliva da Isernia, fu informato e ne rimase molto turbato sia perché gli era sfuggita di mano una posizione strategica e sia perché aveva perso l’occasione di impossessarsi delle enormi ricchezze e dei tesori che erano custoditi nel maniero. Pertanto le operazioni subivano una variante e il re altro non poté fare che provvedere allo svernamento delle truppe nelle terre vicine, mentre egli tornava indietro a Venafro relegando in prigione, nella rocca Ianula di San Germano (Cassino) il responsabile della perdita di Carpinone.
Quello che appare strano comunque in questi avvenimenti è che re Alfonso V passa due volte per Isernia in quella circostanza, ma non si pone minimamente il problema di conquistarla. Era evidente che il perno della resistenza antiaragonese era nella zona del Caldora. Una volta eliminato questi, gli sarebbe stato facile diventare padrone di tutte le terre dintorno. Il baluardo pertanto era rappresentato dal castello di Carpinone. Adesso, ancora un’altra particolare vicenda arricchisce la storia di quel particolare momento.
Arrivato che fu Antonio Caldora a Carpinone, accortosi che Alfonso rappresentava sempre più un pericolo perché prosperava continuamente, volle accattivarsi la sua simpatia e rappacificarsi con lui e, in pegno di fedeltà al patto di riconciliazione, gli consegnava il proprio figlio TRISTANO, giovincello di rara bellezza e di leggiadri costumi. Il re accettò, sia per liberarsi dalle insistenze del suo nemico, sia perché con questo atto di clemenza voleva eliminare, in un momento assai decisivo, un notevole ostacolo alla realizzazione del suo piano di conquista.
Tristano fu assegnato come compagno a FERDINANDO, figlio del re; e sicuramente Alfonso V non sarebbe stato alieno di dargli in matrimonio la propria figlia maggiore, se avesse ricevuto dal Caldora, più esplicite testimonianze di fedeltà e lealtà. Purtroppo la instabilità di Antonio ne fu la rovina.
Non passava molto tempo da questo episodio che FRANCESCO SFORZA, avendo saputo degli intrighi tra Antonio e Alfonso V, contro ogni previsione, indignato, entrò in Abruzzo e occupò le terre dei Caldora ed attaccò battaglia con RAIMONDO CALDORA ( zio di Antonio) il quale rimasto sconfitto, fu mandato in prigione nel castello di Fermo.
Colpendo Caldora significava guastare i piani di re Alfonso, il quale scatenava subito una controffensiva, muovendo verso la Puglia per attaccare le terre di pertinenza dello Sforza.
A questo punto lo Sforza tentava una mossa diplomatica: liberava Raimondo Caldora a condizione che quest’ultimo si impegnasse a staccare il nipote da re Alfonso e farlo ritornare dalla parte dell’Angioino. Raimondo sia per gratitudine verso lo Sforza sia per sentimento di fedeltà a Renato d’Angiò riusciva nell’intento. Per salvare il giovane Tristano, dato come ostaggio, il patto fra zio e nipote fu tenuto segreto e pertanto Antonio faceva pervenire ad Alfonso V una supplica, affinché inviasse il figli Tristano a Carpinone perché la madre, affetta da grave malattia, desiderava di rivederlo prima di morire.
Non si sa se la malattia della moglie di Antonio Caldora era una realtà o una invenzione diplomatica, ma Alfonso, pur avendo intuito lo sviluppo che avrebbe preso la situazione, volle ancora una volta dimostrare la sua generosità, rimandando Tristano con tutti gli onori e con molti ricchi doni. Era l’anno 1441. La separazione di Antonio dall’Aragonese, allorquando già si delineava la sconfitta degli Angioini, fu un errore che portò alla rovina tutti i discendenti del famoso e valoroso generale GIACOMO CALDORA.
Il 2 giugno del 1442 Alfonso d’Aragona conquistò Napoli cacciandone Renato d’Angiò e dopo pochi giorni si organizza per bene e si mette in movimento per debellare il Caldora che egli riteneva uno dei nemici più potenti e di grande ostacolo alla sua espansione.
Partito da Napoli, il giorno seguente arriva ad Isernia che allora stava dalla parte del Caldora, particolarmente perché era vicina al potente signore che dominava quasi tutte le terre della zona. Isernia, subito, gli spedì dei messi che offrirono all’Aragonese la dedizione della città e pertanto quest’ultimo verso sera entrava in città senza colpo ferire  e veniva accolto insieme al suo presidio.
Comincia a questo punto  una serie di gesti di devozione che porterà  Alfonso V a insignire la città di Isernia con il titolo di “fedelissima” e a dargli tanti altri privilegi contenuti in un diploma datato 22 giugno 1442 in cui, tra l’altro, il re esprimeva la sua gratitudine alla città  per i grandi aiuti ricevuti in quel frangente (?)
Avvenuto tutto ciò, Alfonso V d’Aragona si accampa in una zona prossima ad Isernia e si prepara ad attaccare Carpinone che considerava il punto nevralgico della sua azione bellica.

04 aprile 2012

Il castello Caldora al 1739

a cura di Enio Monaco
Per poter maggiormente rendere l’idea delle condizioni in cui viene poi miseramente a trovarsi, passando di mano in mano a proprietari dissoluti e negligenti, quello che era stato un castello fiabesco, per  struttura e ricchezze, riporto appresso la minuziosa descrizione prodotta nella copia di compravendita, al momento in cui lo acquista il barone gennaro de riso il 22 maggio dell’anno 1739.
“Nella sommità del colle ove risiede la terra di Carpinone, vedesi in un luogo più eminente e superiore edificato, giacere il Palazzo Baronale a guisa di un forte e difeso castello, tenendo infatti immediatamente al di sotto verso tramontana dalla parte che guarda l’abitato di detta terra un forte murato, benchè ora per l’antichità interrotto e gusto in alcune parti, che dicesi la Cittadella, da dove in esso palazzo si ha la segnata comunicazione e ritirata e comunicasi anche dall’abitato di detta terra per una tal denominata Porta Vallone. L’intiera consistenza dunque di detto palazzo con tutti li suoi membri inferiori e superiori ed officine tutte la è nel modo che segue:
Primieramente in frontespizio dell’ultima salita del monticello trovasi il portone di detto palazzo senza la sua chiusura di legno dal quale per una strada privata solicata di brecce di larghezza palmi 15, tira ad un altro portone, quale tiene la chiusura sua di legname vestita con l’animo di ferro in parte guasta e consumata dal tempo con ponte avanti di legno, ed egli stesso in detto portone al di sopra coverto di d’embrici a coppola di prete a destra di detta via privata vi è un abitazione che dicono chiamarsi il fondaco o conservazione di vettovaglie e biada provenienti al Barone dal proprio Feudo.
Consiste in due stanzoni, uno inferiore per tre gradi sottomesso a detta strada coverto a travi per contenuto di 20 velere, oltre di uno spicone, che lo spazio ne contiene di altri 3, li capitravi di questa covertura si vedono alquanto patiti nelle teste, che posano al muro retrano, tanto che molti ne stanno puntellati, e due velere dello stesso sono sfondate e prive di solari della loro veste. E lo stanzone superiore da cui si ascende a scala a mano da dentro quel di sotto, egli è coverto d’embrici.
 A sinistra di detta via privata vi sono due giardini uno superiore al medesimo piano, l’altro inferiore, ambo murati.
Il primo è lungo palmi 182 e mezzo e largo palmi  8  e  3/4  incluse le mura che lo riserrano essendo questo affatto distrutto, perché non vi sono che un piede d’amarena, uno di pesco, uno di pero, ed uno di fico.
E lo secondo giardino inferiore a cui si sale dal primo descritto mediante grada di fabbrica, a lumaca, presentemente. Egli è lungo palmi 178 e ¾ e palmi 76 largo incluse anche le mura che il circuiscono da due lati occupati da morge; del resto poi piante di diverse sorti di pera e viti d’uva.
Da questo si ha l’uscita alla Via Vicinale Dell’Olmo, ossia del Purgatorio il muro che da tal parte lo riserra vedesi molto curvato per la gran carica del terreno che soffre dimodocchè per ripararsi devono farsi molto urtanti d’altezza simile al muro da tal parte o pure questo affatto demolirsi, e poi rifarsi di sufficiente grossezza a misura della terra che sostiene.
Dal descritto portone in testa a detta via privata si ha l’ingresso ad un cortile scoverto avanti al palazzo e si cala parimenti al fosso che lo medesimo circonda verso levante, infine del quale da man manca vi è stanza diruta priva di porta e covertura, che prima era in uso di pollaio.
A man dritta di detto secondo portone vi è un abitazione di due stanze a travi, la prima di quattro velere, con l’ingresso per sotto la covertura dell’istesso portone, in quella manca la porta di legno, il suo calpestatoro è covertura affatto sfondata. Era questa per abitazione di guardiano e la seconda  grande stanza che serviva per conservare le biade contiene lo spazio di 14 velere, con un pilastro di fabbrica nel mezzo che regge e contiene il pezzo di una covertura, sopra delle predette due stanze vi è uno stanzone diviso in tre e mediante due intelature al di sopra, coverto da embrici di due penne, mancandovi affatto le porte e finestre di legno, porzione della covertura di dette tre stanze si trova caduta ed il resto ha bisogno di total rifazione per esserne le sue incavallature molto basse e non con la dovuta pendenza.
A queste tre stanze che servivano per la…..si ha la salita per grada di fabbrica scoverta di fuori, dal di cui ballaturo prima per passetto di legno affatto diruto si comunicava all’ultima di dette tre stanze sotto le prime descritte due stanze, e poi vi è una stanza sotteranea per uso di stalla per molti palmi inferiore al cortile con la sua covertura a travi, sostenuta da due pilastri di fabbrica.
Nel fronte di detto cortile vedesi propriamente giacere il palazzo, ossia abitazione del Barone, munito all’intorno di cinque torrioncini per sua difesa.
Da man sinistra si trova il suo portoncino, ossia entrata, parte coverta a travi e parte a lamia, la chiusura del quale è formata a cardellini, con saracinesca che cala da sopra per maggiore sua difesa.
Dall’entrata si passa ad un bel comodo cortile scoverto solicato nel suolo, con sogli di pietre del paese, tutto poi all’interno racchiuso dalle abitazioni del Barone, perché al di dentro mediante Palazzo.
A sinistra di questo cortile vi sono due stanze a travi, con un sol porta dal medesimo, perché al di dentro mediante porta nel comune partimento sono tra di loro comunicanti, ricevendo ambo il lume della parte estranea, mediante alcuni speragli a forma di saette. Ne siegue appresso un’altra all’intutto simile alle due descritte ma di più col comodo di focolare e dopo questa un’altra con l’ingresso a dentro detta stanza per uso di carcere criminale; sotto poi le dette tre stanze ve ne sono  altrettante sotterranee, a cui si cala da due delle tre predette descritte; nell’altro lato a destra di detto cortile vi è un gran cellaio a lamia, ossia cantina per essere molti palmi sottomessa al piano di detto cortile, estentendosi questa per lunghezza quanto tira la facciata del palazzo da verso levante a riserva di una sola stanza che in tra si descriverà. In questo cellaio affatto mancano li posti per le botti.
In testa del cortile vi sono due altre stanze ambo a travi senza le chiusure di legno, la prima in uso di stalla e la seconda per comodo di legna, di dentro questa poi si passa ad un'altra simile a travi,  con pilastri di fabbrica nel mezzo, che sostiene l’arcano della sua covertura, e questa è quella stanza che viene a fiancheggiare  il descritto cellaio.
A destra dell’entrata poi vi sono due altre stanze a lamia, alquanto basse, con la loro porta da dentro il predetto cortile, e propriamente a lato della grada principale, essendo queste per uso di dispensa.
Nel prescritto cortile vi sono a mano destra due scalinate scoverte, una cioè la principale addidante alla sala dell’appartamento nobile ed è formata a cordoni dopo lo ripartimento  di venti di essi a cordoni, si ha in fin di essa un ballatoio coverto d’embrici; e l’altra scalinata, che dal piede della prima descritta si parte sporgendo sopra l’arco dell’entrata, ma è di 12 scalini, ma di minor larghezza di quella a cordoni e quasi per metà, dando questa l’adito  ad una abitazione in piano del primo appartamento superiore, la quale consiste in sala piccola di forma triangolare, quattro stanze, ed uno stanzolino semitondo coverti a travi con incartate e fraggi all’intorno,ed il loro suolo pavimento di mattoni bislunghi, venendo solamente la scala a risiedere sopra l’entrata e le quattro camere e camerino suddetto sono nella facciata verso ponente, dalla qual parte, eccetto chè il camerino tengono dette quattro stanze balcone di pietra pesante sopra gattoni simili, uno per ciascuna, senza però le pettorate di ferro per esserne state levate , detto camerino semitondo viene a risiedere sotto uno delli cinque enunciati torrioncini.
L’appartamento nobile a cui si adita per la descritta grada a cordoni con suo ballatoio in fine coverto con embrici, come poco fa si è detto nello stesso piano del primo appartamento, è formato primieramente da una gran sala coverta con soffitta di tavole ripartita a quadretti e vi sono due balconi con loro cacciata di pietra forte del paese, con gattoni della stessa pietra che sostengono in quello che mira dalla facciata verso levante; vi manca la pettorata di ferro ed all’altro posto nell’altra facciata vi manca similmente la sua pettorata di ferro e due pezzi di pietra, vi è anche nella detta sala un focolaio alla romana col suo locale di pietra forte, ed ascosto di esso vi è un piccolo vuoto ad uso di riposto.
Da un angolo di detta sala s’entra in una piccola cappella familiare formata nel torrioncino che unisce dalla parte esterna a detto angolo; la sua porta di legname è trasforata nelli quadri superiori e scorniciata da dentro, e fuori ha la soffitta di tavole ripartita a quadretti, con rosette nel mezzo, e colorita nel fondo di torchino, e traffilata con oro. L’altare poi fornito con pietra sacrata, ha il suo quadro in testa con l’effige della Beata Vergine, di San Giuseppe, San Giovanni Battista, Sant’Antonio Abate, Sant’Antonio di Padova ed altri Santi.
Alla man sinistra di detta sala sieguono quattro stanze foderate, cioè due nella facciata verso levante e due verso l’interno del palazzo e con un camerino in fine formato nel luogo di un altro torrioncino la dove è il comodo del luogo comune delle accennate quattro stanze; le due che attaccano alla sala, da cui separatamente in ciascuna di essa si ha l’ingresso sotto coverte con soffitte di tavole ripartite a quadretti, ed hanno rispettivamente verso levante e verso il cortile un palcone di pietra forte ma senza parapetto di ferro, ambedue senza intempiate di tavole, ma con li semplici travi; in una di esse  però è coverta la suddetta travatura con tela, ma tutta lacera; da una di dette stanze, cioè da quella verso l’interno del palazzo, rivoltando alla sinistra si ha l’ingresso in due altre stanze in  testa del cortile verso dove ciascuna  tiene la sua finestra affacciatora; ambedue sono di queste stanze coverte a travi, sebbene la covertura della prima è quasi intiera sfondata.
Ed in questa prima stanza vi era anche una scala di legno di due tese mediante la quale trascendeva alli suppegni soprastanti ad essa e all’altre di sopra le prime notate abitazioni, come appresso si dirà; dalla seconda stanza si comunica a detta abitazione già prima descritta in questo stesso piano e si ha l’ingresso eziandio in una cucina situata a fianco di detta seconda stanza, la quale cucina sporge in fuori della facciata verso tramontana, essendo quella coverta d’embrici; ed oltre il focolare fatto allo uso del paese, vi è il comodo di picciol torchio per sopprimere liquo ri ed altro ed un piccolo stanzolino latente che succede a man sinistra di esso, vi è il comodo del luogo comune; da detta cucina per prima si calava in uno dei Bassi descritti nella testa del cortile, mediante scala di legname formata a lumaca di putè, benvero è chiusa la comunicazione.
Nell’abitato del cortile vi sono alcuni altri membri, con li quali si entra parimenti dalla descritta sala di questo appartamento nobile; sono tre stanze e due camerini, cioè due con l’aspetto  al cortile sono coverte a travi con tele istoriate soprapposte e colli comodi di focolari alla romana, l’altra stanza latente alla prima  è nella facciata verso levante dalla  quale parte ella tiene un balcone simile agli altri di pietra forte, senza il parapetto di ferro, latente alla seconda stanza vi è formato nel corpo dell’altro torrioncino uno stanzolino rotondo coverto con interviate di tavole e vi è il comodo di prevaso e due stipi dentro il muro e a fianco di detto stanzolino finalmente vi è l’altro alquanto più piccolo situato alla facciata verso mezzodì.
Sopra parte del piano di questo primo appartamento, cioè sopra tutta l’abitazione in primo luogo descritta a riserva della saletta triangolare di essa, la quale ha la sua covertura più alta delli rimanenti membri di tutto l’appartamento nobile, vi è formato un altro appartamento ma alquanto basso a modo di suppegno coverto di embrici; viene questo compartito da varie intelature  per comodo di potersi  divisamente buona parte di essa abitata.
E’ vero però che non è in tutto lo stato presente di comoda abitazione, poiché la maggior parte della sua covertura ha bisogno di rifacimento, piovendo in molti luoghi ed il altre stanze di esso mancandovi li solari che sono guasti e sfondati e altresì mancandovi molte parti di legname e tutti li serramenti necessari delle quali è fatto privo, difetto che eziandio divide essere in tutte le stanze del primo appartamento nobile già sopra descritto.”   
                                                      (ESTRATTO CONFORME ALL’ORIGINALE)

02 aprile 2012

Macchiagodena - Carpinone 3-3

Match molto sentito tra Macchiagodena e Carpinone, che termina con un nulla di fatto: tre reti, un punto e un espulso per parte, questo il consuntivo del match. Nel primo tempo i locali tengono bene il campo e si portano in mezz’ora sul 2-0 con Carile e I. Palermo, ma prima del riposo il Carpinone si riporta in parità con Gianluca Venditti e Umberto Marotta. 
Nella ripresa gli ospiti sono più tenaci e al 60’ Mirko Venditti insacca la rete per momentaneo vantaggio del Carpinone; il Macchiagodena ovviamente non tira i remi in barca e al 75’ Notte finalizza l’agognato pareggio locale. 
L’ultima parte di gara vede gli animi in campo surriscaldarsi eccessivamente e a farne le spese sono un calciatore ospite e uno locale, che rimediano il cartellino rosso; concordi i giudizi delle due società a fine gara: “Abbiamo registrato una direzione di gara poco decisa, che non ha saputo tenere a bada a dovere un agonismo diventato eccessivo nelle ultime fasi del match” questo il sunto del pensiero della dirigenza locale e dell’allenatore ospite.
Pareggio tutto sommato giusto su un campo ostico che negli scorsi anni era stato sempre negativo per i ragazzi Carpinonesi. Con questo punto esterno il Carpinone, approfittando della sconfitta del Gildone si attesta al quinto posto, ultimo posto utile per i playoff con ben 4 punti di vantaggio sulle seste anche se, alla ripresa del campionato tra 15 giorni, ci aspetta uno scontro casalingo contro l'ottimo Ripalimosani che ha appena perso la leadership del girone.

MACCHIAGODENA: Di Filippo, Terriaca, Di Fiore (Terrigno), Del Monte (Martella), Minotti, Ciccone, Carile, Perrella, Palermo, Notte, Palermo I.. ALL.: Forte.
CARPINONE: Pilenza, Iasevoli, Nini, Caldararo, Venditti A, Giancola, Venditti G., Venditti M., Marotta, Ricci, Scaldaferro. ALL.: Mercuri.
ARBITRO: Novelli di Campobasso.
MARCATORI: 15’ Carile, 30’ Palermo I., 35’Venditti G., 40’ Marotta, 60’Venditti M., 75’ Notte.

8. giornata ritorno 1 aprile  
Cercemaggiore Volturino 2-2
Macchiagodena Carpinone Calcio 3-3
Matrice Hermes Toro 0-3
Nuovo Vinchiaturo Capoiaccio 3-2
Ripalimosani Campobasso Calcio 1-1
Rock Baranello Monteverde 2-0
SanGiuliano DelSannio Real Gildone 3-0
Spinete Calcio Club Olympus 2-3

  CLASSIFICA P.ti G V N P GF GS
1 Nuovo Vinchiaturo 57 23 18 3 2 54 27
2 Ripalimosani 55 23 17 4 2 55 15
3 Hermes Toro 50 23 16 2 5 98 19
4 SanGiuliano DelSannio 41 23 13 2 8 49 33
5 Carpinone Calcio 40 23 11 7 5 28 26
6 Capoiaccio 36 22 10 6 6 48 27
7 Real Gildone 36 23 10 6 7 32 35
8 Cercemaggiore 32 21 10 2 9 36 32
9 Macchiagodena 32 22 9 5 8 31 36
10 Volturino 26 23 6 8 9 32 31
11 Calcio Club Olympus 24 23 6 6 11 30 48
12 Campobasso Calcio 22 23 6 4 13 22 37
13 Spinete 21 23 5 6 12 31 37
14 Monteverde 18 22 5 3 14 27 49
15 Rock Baranello 9 22 2 3 17 22 43
16 Matrice 7 21 2 1 18 11 111

Classifica marcatori  
Di Rosa 6
Marotta 5
Venditti G 5
Scaldaferro 4
Giancola 2
Venditti M 2
Antenucci 1
Nini 1
Fabrizio F 1
Di Paolo 1
Zuccarelli 1

9. giornata ritorno 15 aprile
Calcio Club Olympus SanGiuliano DelSannio
Campobasso Calcio Matrice
Capoiaccio Monteverde
Carpinone Calcio Ripalimosani
Hermes Toro Rock Baranello
Nuovo Vinchiaturo Spinete
Real Gildone Cercemaggiore
Volturino Macchiagodena